Perché si chiama cellulare?

A. Costantini | Il nome “cellulare” con cui molti chiamano il telefonino (più correttamente “terminale mobile”) deriva in realtà dalla rete telefonica. Essa è costituita da una miriade di celle contigue contenenti ognuna un’antenna radio in grado di collegarsi con i nostri telefonini e di mantenere attivo, entro una certa distanza, il collegamento stesso. La potenza e la qualità del segnale, ovviamente, peggiora con l’aumentare della distanza dall’antenna. Praticamente ogni cellulare in commercio possiede una funzione (le famose “tacche”) che ci aggiorna in continuazione su quanto sia forte la nostra connessione con l’antenna. Come regola generale ogni terminale mobile si connette con l’antenna più vicina in linea d’aria. In questo caso si dice che il terminale mobile ricade in una delle celle presiedute da quell’antenna. Ogni cella è esagonale, ma in realtà può avere dimensioni variabili e forme anche molto diverse. Quando ci muoviamo verso il bordo che separa due celle contigue, quello che accade è che ci spostiamo verso una zona in cui almeno due diverse antenne sono da noi equidistanti. Una volta valicato il bordo e passati nella cella adiacente sarà la nuova antenna che presiede la nuova cella a connettersi al nostro terminale mobile. Ci sono però casi in cui la regola della connessione all’antenna più prossima viene infranta e pertanto il nostro terminale si ritroverà connesso con un’antenna diversa rispetto a quella più vicina. Pensiamo, ad esempio, ad un’antenna congestionata a causa della presenza di troppi terminali mobili all’interno della cella (caso tipico: grandi raduni di persone come concerti, manifestazioni, stadi, ecc.) oppure alla presenza di ostacoli naturali o architettonici che impediscono o comunque peggiorano la connessione con l’antenna più prossima, rendendo preferibile una connessione con un’antenna più distante ma con una linea di vista più sgombra. L'articolo su casertasera.it