Il metaverso

A. Costantini | Non siamo di fronte a una tecnologia, ma un processo inevitabile della convergenza digitale iniziata l’ultimo decennio del secolo scorso. Immaginiamo un mondo virtuale in cui le persone vivono, lavorano, fanno acquisti e interagiscono con gli altri, il tutto comodamente dal loro divano nel mondo fisico. Il metaverso è questo. Il termine è diventato familiare quando Facebook ha cambiato il suo nome aziendale in Meta, nel 2021, annunciando l'intenzione di spendere 10 miliardi di dollari, nel corso dell’anno successivo, in tecnologie per costruire la sua visione del metaverso.‎ ‎E’ considerato la prossima evoluzione di Internet e il concetto, seppure non rigoroso per il momento, non è nuovo. È stato descritto per la prima volta nel romanzo del 1992 ‎‎”Snow Crash‎‎” e diverse aziende hanno successivamente sviluppato comunità online basate su quell’idea, in particolare Second Life‎ già nel 2003.‎ In questo universo parallelo gli utenti accedono tramite visori 3d e vivono delle esperienze virtuali: possono creare degli avatar realistici, comunicare con altri utenti e costruire virtualmente la comunità, creare oggetti o proprietà virtuali, andare a concerti, conferenze, viaggiare e altro. Il metaverso si sviluppa nel digitale e la sua “materia” è composta da dati e informazioni, ma non va confuso con Internet che conosciamo. Internet è una rete di miliardi di computer, milioni di server e altri dispositivi elettronici. Una volta online, su Internet gli utenti possono comunicare tra loro, visualizzare e interagire con i siti web e acquistare e vendere beni e servizi.‎ ‎Il metaverso non compete con Internet ma si basa su di essa. In esso gli utenti attraversano mondi virtuali che imitano aspetti del mondo fisico utilizzando tecnologie come la realtà virtuale (VR), la realtà aumentata (AR), l'intelligenza artificiale, i social media e la valuta digitale. Internet è qualcosa che le persone navigano. Invece, in una certa misura, le persone possono "vivere" nel metaverso.‎ La realtà virtuale è dunque l’ambiente media nativo del metaverso. La scelta della virtualità deriva dalla convergenza di due grandi modelli della scienza dei computer: la computazione ubiqua, dove l’informatica è fatta per apparire sempre e ovunque con lo sviluppo di dispositivi mobili indossabili e il cloud che permette l’accesso ai dati e la loro conservazione praticamente infinita. Questa convergenza ha permesso la realizzazione in rete di ambienti grafici, condivisibili e in tempo reale, che simulano lo spazio, la prospettiva e anche le fonti di luce. Per accedere al metaverso non sono richieste competenze speciali nel campo informatico, ma solo alcuni strumenti ormai d’uso comune: un computer o uno smartphone, una connessione Internet, un account su una delle piattaforme del mondo virtuale e magari un visore VR, per un’esperienza più immersiva. Le applicazioni previste oggi per il metaverso vanno dai videogame all’intrattenimento, dalla moda all’istruzione, da ogni forma d’arte all’architettura, dal turismo allo smart working. Esistono già piattaforme per entrare nel metaverso. Decentraland è un universo virtuale in cui gli utenti, una volta iscritti, possono creare edifici virtuali, case, parchi e far pagare agli altri la visita con una criptovaluta chiamata MANA. Stageverse è una nuova piattaforma virtuale per esperienze immersive e consente agli utenti di assistere a concerti attraverso filmati 3D a 360° ed effetti speciali. In Sandbox, invece, gli avatar hanno uno stile visivo a blocchi come Minecraft e possono costruire, possedere e monetizzare. La piattaforma Sandbox non è ancora disponibile ma in attesa si può visitare il sito e interagire con la community. L'articolo su