Macchine elettriche

A. Costantini | (la videolezione) L'idea di sfruttare l'elettromagnetismo per produrre lavoro meccanico risale alla prima metà dell'Ottocento; tuttavia per incontrare un motore elettrico efficiente bisogna arrivare agli anni 1860-64, durante i quali A. Pacinotti costruì la 'macchina elettromagnetica' con indotto ad anello e commutatore che poteva funzionare anche come generatore di corrente continua. Fu però il belga Z.T. Gramme a sfruttare industrialmente l'idea e a costruire, alcuni anni più tardi, numerose dinamo di dimensioni commerciali. Tuttavia le macchine così costruite erano ancora caratterizzate da bassi rendimenti. Fu così di importanza decisiva l'invenzione del motore asincrono, dovuta a G. Ferraris (1885), il quale non si occupò però di sfruttare né di brevettare l'invenzione. Proprio in quegli anni N. Tesla, ingegnere croato trasferitosi negli Stati Uniti, presentò alcuni brevetti, tra i quali quello relativo a un motore trifase a induzione già abbastanza perfezionato. La ditta dove Tesla lavorava se ne interessò e costruì il motore, sfruttando industrialmente il brevetto e realizzando il primo motore su scala commerciale. 
Un motore elettrico è costituito da un circuito posizionato su un'armatura metallica, che può ruotare (rotore) all'interno di un campo magnetico prodotto da magneti (statore). Quando il circuito si chiude, si genera un campo magnetico che, interagendo con quello proprio dei magneti, fa ruotare l'armatura. Il 70% dei motori elettrici attualmente in esercizio è del tipo asincrono trifase, o a induzione. L'avvolgimento sullo statore è alimentato direttamente dalla linea a corrente alternata, con tensione che può arrivare fino a 10.000 V; il rotore è sede di correnti indotte nel campo magnetico rotante dello statore. La coppia dovuta alle azioni tra campo dello statore e correnti del rotore determina l'avviamento del rotore.